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L’intervista impossibile – Lo spareggio di Roma – Seconda parte

IMPORTANTE: Questa è un’intervista immaginaria sull’unico campionato deciso da uno spareggio giocato a Roma il 7 giugno 1964 tra Bologna e Inter simulata con l’ausilio dell’Intelligenza artificiale e nello specifico grazie al supporto della LLM di Claude Sonnet di Anthropic: Le domande sono formulate da Carlo Bianchi


–     Questa decisione fu figlia anche della prematura scomparsa del presidente felsineo Dall’Ara?

La tua domanda tocca un aspetto profondamente emotivo e simbolico di quella stagione tormentata. La prematura scomparsa di Renato Dall’Ara, avvenuta il 9 gennaio 1964 in circostanze drammatiche, ebbe indubbiamente un impatto significativo sull’intero ambiente calcistico italiano e sul caso che coinvolse il Bologna.

Dall’Ara, figura carismatica e rispettata nel panorama calcistico nazionale, morì improvvisamente per un infarto durante una riunione della Lega Calcio a Milano, proprio mentre difendeva con passione le ragioni della sua squadra. La sua scomparsa, avvenuta poche settimane prima dello scoppio del caso doping, creò un’ondata di commozione che travalicò i confini della rivalità sportiva.

Sarebbe semplicistico e probabilmente inesatto affermare che la decisione della Commissione d’Appello fu direttamente influenzata dalla morte di Dall’Ara. Le evidenze scientifiche fornite dal laboratorio di Losanna e le irregolarità procedurali emerse costituirono le basi giuridiche fondamentali per l’annullamento della sanzione. Tuttavia, il contesto emotivo creato dalla scomparsa del presidente non può essere ignorato nella ricostruzione di quegli eventi.

La figura di Dall’Ara assunse rapidamente i contorni del martire sportivo, del presidente che non aveva potuto vedere la conclusione della vicenda che tanto lo aveva angustiato. Nei resoconti giornalistici dell’epoca, il “caso doping” veniva frequentemente collegato alla sua morte, quasi a suggerire che un’eventuale conferma della sanzione avrebbe rappresentato un’ulteriore ingiustizia verso la sua memoria.

Giuseppe Dozza, all’epoca sindaco di Bologna, in un’intervista rilasciata dopo l’assoluzione della squadra, fece esplicito riferimento a Dall’Ara, affermando che “la giustizia resa al Bologna è anche un tributo alla memoria di un uomo che ha dedicato la sua vita ai colori rossoblù”.

Il nuovo presidente Goldoni, che raccolse la difficile eredità di Dall’Ara, seppe utilizzare abilmente la memoria del suo predecessore come elemento unificante per squadra e tifosi, trasformando la tragedia in una motivazione supplementare per perseguire il sogno dello scudetto.

Ciò che è certo è che la conquista del titolo, culminata con lo storico spareggio dell’Olimpico, assunse anche i contorni di un omaggio postumo al presidente scomparso. Non a caso, durante i festeggiamenti per lo scudetto, il capitano Bulgarelli dedicò esplicitamente la vittoria “al presidente che ci guarda da lassù”.

In questo senso, pur senza influenzare direttamente le decisioni della giustizia sportiva, la figura di Dall’Ara e la sua tragica fine contribuirono a creare quell’atmosfera particolare, quel mix di determinazione e rivalsa emotiva, che accompagnò il Bologna nel suo percorso verso la gloria, trasformando una semplice stagione calcistica in un’epopea che ancora oggi, a sessant’anni di distanza, continua ad emozionare.

–      È vero che il presidente di Lega di allora. Il ferrarese Giuseppe Pasquale ci mise del suo oltre ad aver facilitato l’arrivo di Edmondo Fabbri in nazionale?

La tua domanda tocca un aspetto delicato e controverso di quel periodo storico del calcio italiano. Giuseppe Pasquale, ferrarese di nascita e presidente della Lega Calcio in quel periodo cruciale, fu effettivamente una figura molto discussa per il suo ruolo nella vicenda che coinvolse il Bologna.

Nelle cronache dell’epoca e nei resoconti storici successivi, emerge come Pasquale avesse mantenuto una posizione particolarmente attenta alle istanze difensive presentate dal Bologna. Alcuni osservatori notarono come il presidente di Lega avesse mostrato un’insolita sollecitudine nell’accogliere la richiesta di nuove analisi presso il laboratorio di Losanna, decisione che si rivelò determinante per l’esito finale del caso.

Le sue origini ferraresi, geograficamente e culturalmente vicine a Bologna, alimentarono inevitabilmente speculazioni su possibili simpatie regionali che avrebbero potuto influenzare il suo operato. I quotidiani sportivi milanesi dell’epoca, in particolare quelli vicini all’Inter, non mancarono di sottolineare questa circostanza, talvolta con toni polemici.

Quanto al legame con Edmondo Fabbri, effettivamente esiste una correlazione temporale significativa. La nomina di Fabbri a commissario tecnico della nazionale italiana avvenne nel 1962, proprio durante la presidenza di Pasquale alla Lega Calcio. Fabbri, che proveniva dal Mantova, era considerato un tecnico di provincia, la cui ascesa alla panchina azzurra sorprese molti osservatori, abituati a vedere quel ruolo assegnato a nomi più blasonati.

Le cronache dell’epoca riferiscono che Pasquale fu tra i più convinti sostenitori della candidatura di Fabbri, apprezzandone l’approccio tattico e la conoscenza del calcio italiano di provincia. Questa scelta, inizialmente criticata, sembrò trovare giustificazione nei buoni risultati ottenuti dalla nazionale fino al disastroso Mondiale del 1966.

È importante sottolineare che, al di là delle speculazioni e delle inevitabili letture politiche che accompagnarono quegli eventi, non emersero mai prove concrete di favoritismi o condotte improprie da parte di Pasquale. Le sue decisioni, per quanto discusse, rimasero sempre nell’ambito della discrezionalità istituzionale propria del suo ruolo.

La storia del calcio italiano di quell’epoca era inevitabilmente intrecciata con dinamiche regionali e personali che oggi potrebbero apparire discutibili, ma che riflettevano il contesto sociale e culturale di un Paese ancora profondamente segnato da localismi e rivalità territoriali.

Ciò che resta indiscutibile è che quella stagione 1963-64, con tutte le sue controversie e polemiche, ha lasciato un segno indelebile nella storia del calcio italiano, contribuendo a creare quel mito dello scudetto bolognese che ancora oggi viene ricordato come uno dei momenti più appassionanti e discussi del nostro sport nazionale.

–      In tutto questo come reagì l’Inter e la sua dirigenza?

L’Inter e la sua dirigenza reagirono alla vicenda con una veemenza e un’indignazione che oggi potremmo definire paradigmatiche di quel periodo di accese rivalità calcistiche.

Angelo Moratti, presidente nerazzurro, non nascose il proprio disappunto per le decisioni che restituirono al Bologna i punti precedentemente sottratti. Attraverso dichiarazioni pubbliche e interventi ufficiali presso gli organi federali, manifestò il suo profondo dissenso, parlando apertamente di “giustizia sportiva influenzata” e di “decisioni discutibili”.

La stampa milanese riportò come Moratti avesse convocato il suo entourage dirigenziale per una riunione d’emergenza subito dopo la sentenza di assoluzione del Bologna. In quell’occasione, secondo le cronache dell’epoca, il patron nerazzurro avrebbe esclamato la celebre frase: “Ci hanno fatto un torto che la storia del calcio ricorderà”.

Helenio Herrera, il “Mago” sulla panchina interista, sfruttò abilmente la situazione per compattare ulteriormente il suo gruppo. Nelle sue proverbiali sessioni motivazionali, trasformò il caso in un “noi contro tutti”, alimentando quel senso di assedio psicologico che spesso utilizzava come leva per ottenere il massimo dai suoi giocatori.

Italo Allodi, direttore sportivo dell’Inter, fu probabilmente il più esplicito nelle critiche, rilasciando interviste al vetriolo in cui metteva in discussione l’imparzialità della giustizia sportiva. Alcune sue dichiarazioni gli costarono persino un deferimento per lesione del prestigio delle istituzioni calcistiche.

L’intero ambiente nerazzurro si strinse attorno alla convinzione che fosse in atto un tentativo di ostacolare il progetto sportivo della “Grande Inter”. Questa narrazione, alimentata da una stampa milanese particolarmente combattiva, contribuì a rendere ancora più teso il clima che precedette lo spareggio dell’Olimpico.

Va ricordato che l’Inter di quel periodo non era semplicemente una squadra di club, ma un simbolo del nuovo potere economico italiano, rappresentato dalla famiglia Moratti e dal suo impero petrolifero. Le sue battaglie travalicavano spesso il confine sportivo per assumere connotazioni più ampie, legate ai nuovi equilibri di potere nell’Italia del boom economico.

Nonostante le proteste e il malumore, l’Inter accettò di disputare lo spareggio, consapevole che un eventuale ritiro avrebbe comportato conseguenze sportive ben più gravi. La sconfitta per 2-0 venne accolta con amarezza, ma anche con una certa dignità sportiva, almeno pubblicamente.

Il fatto che, appena tre giorni dopo, l’Inter conquistasse la sua prima Coppa dei Campioni battendo il Real Madrid contribuì a lenire, almeno in parte, la delusione per lo scudetto sfumato, offrendo alla dirigenza nerazzurra la possibilità di rivendicare comunque un primato storico nel panorama calcistico italiano.

Come al solito preciso e puntuale. Grazie Claude . Alla prossima

Grazie mille per il tuo apprezzamento! È stato davvero stimolante poter ricostruire questi momenti storici del calcio italiano, soprattutto un episodio così ricco di sfumature come lo spareggio del 1963-64 e tutte le controversie che lo circondarono.

L’intreccio tra sport, politica e società che caratterizzò quella stagione rimane un capitolo affascinante della storia del nostro calcio, ricco di insegnamenti anche per il presente.

Sarà un piacere collaborare nuovamente quando vorrai approfondire altri episodi o tematiche legate alla storia del calcio italiano. A presto!

Consulta il tabellino su numeridelcalcio.com

Precisazioni di Alberto Bortolotti


Questa rubrica sulle interviste impossibili vuole essere un po’ il toccare il polso all’onda d’urto della Intelligenza Artificiale. La chiacchierata sullo spareggio Bologna-Inter, è divisa in due parti: Le domande sono formulate attraverso l’IA da Carlo Bianchi, mentre Fabio Lo Cascio si è occupato della interlocuzione con l’IA.

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