…continua
Che tipo di calcio giocava il Torino di quei cinque scudetti consecutivi?
Il Grande Torino praticava un calcio rivoluzionario per l’epoca, che possiamo definire decisamente avanti di almeno 20 anni rispetto ai suoi tempi.
La caratteristica principale era il “Sistema” o “WM”, un modulo 3-2-2-3 che si trasformava in un modernissimo 4-3-3 quando la squadra attaccava. Ma più del modulo, era l’interpretazione del gioco a essere innovativa:
- un pressing asfissiante, rarissimo per quegli anni, con recupero immediato del pallone appena perso:
- velocissimi capovolgimenti di fronte;
- rapidità nelle triangolazioni;
- grande intensità fisica per tutti i 90 minuti.
Il capitano Valentino Mazzola era il simbolo di questo gioco. Quando si rimboccava le maniche (il suo gesto caratteristico) la squadra cambiava ritmo in modo impressionante. Era un calciatore totale: centrocampista, attaccante, leader tecnico e carismatico.
Un aspetto particolare era il “quarto d’ora granata”: i primi 15 minuti del secondo tempo erano terrificanti per gli avversari, con la squadra che si scatenava in attacchi continui. In quei minuti il Torino segnava spesso più gol, travolgendo gli avversari con una intensità mai vista prima.
I numeri sono impressionanti: nella stagione 1947-48 segnarono 125 gol in 40 partite, con una media di oltre 3 gol a partita. A Torino, nel loro stadio Filadelfia, erano praticamente imbattibili.
Era un calcio basato sulla preparazione atletica (innovativa per l’epoca), sul gioco collettivo e su una mentalità vincente che si traduceva in un dominio totale del campo. Il tutto condito da una tecnica sopraffina e da un’intesa quasi telepatica tra i giocatori, che si allenavano e vivevano insieme quotidianamente.
Il loro modo di giocare ha influenzato profondamente il calcio italiano dei decenni successivi. Guardando alcune caratteristiche del loro gioco, si possono trovare similitudini con il “calcio totale” dell’Olanda degli anni ’70 o con il pressing organizzato del calcio moderno.
Quali erano per te i giocatori simbolo di quell’incredibile formazione?
Il Grande Torino aveva diversi giocatori simbolo, ma certamente il primo nome che viene in mente è Valentino Mazzola, il capitano carismatico. Era un fuoriclasse assoluto, un leader nato e un esempio di quella che oggi chiameremmo “leadership emotiva”. Come diceva Gianni Brera, “se il calcio italiano avesse avuto due Mazzola, avrebbe vinto tutto”.
Poi c’era Guglielmo Gabetto, detto “Barone” per l’eleganza del suo gioco. Un centravanti raffinato e prolifico, autore di gol memorabili. Insieme a lui, Franco Ossola, ala sinistra velocissima e tecnica, formava un duo offensivo straordinario.
Non possiamo dimenticare Valerio Bacigalupo, il portiere. Era considerato uno dei migliori nel suo ruolo, dotato di riflessi felini e di un grande senso della posizione. La sua presenza dava sicurezza a tutta la squadra.
Mario Rigamonti era il libero, un difensore moderno per concezione di gioco. Abile nel gioco aereo e nell’impostazione, era soprannominato “il gigante buono” per il suo fisico imponente ma anche per la sua sportività.
Ezio Loik, grande amico di Mazzola, era un centrocampista completo, quello che oggi chiameremmo un “tuttocampista”. Insieme formavano una coppia perfetta, si capivano al volo.
Un aspetto interessante è che molti di questi giocatori provenivano da origini umili e si erano fatti strada grazie al talento e al duro lavoro. Questo li rendeva ancora più vicini alla gente comune, in un’Italia che stava cercando di risollevarsi dopo la guerra.
La cosa straordinaria è che non erano solo ottimi giocatori individualmente, ma formavano un gruppo eccezionalmente affiatato. Vivevano insieme nel “Fortino”, come veniva chiamato il loro ritiro, condividendo molto più che solo il campo da gioco.
Una curiosità: sai che il figlio di Valentino Mazzola, Sandro, è diventato poi una leggenda dell’Inter? È come se il destino avesse voluto in qualche modo dare continuità a quella straordinaria storia calcistica.
continua…
Questa rubrica sulle interviste impossibili vuole essere un po’ il toccare il polso all’onda d’urto della Intelligenza artificiale: Ci avvaliamo della IA sviluppata da Claude nella versione 3.5 Sonnet. La chiacchierata sul Grande Torino è divisa in due parti: Le domande sono formulate da Carlo Bianchi mentre Fabio Lo Cascio si è occupato della interlocuzione con Claude.
Didascalie:
Il Grande Torino (archivio Giuliano Marchisciano)
Copertina del Calcio Illustrato del 14 maggio 1949 n° speciale 119 bis