Ciao Claude vorrei farmi con te una chiacchierata sul “Grande Torino” mitica squadra di calcio che incantò il mondo del pallone negli anni quaranta. Ti va? Che ricordi hai di quella grande e mitica squadra?
Certo, mi fa molto piacere parlare del Grande Torino, una delle squadre più leggendarie nella storia del calcio italiano ed europeo.
Il Grande Torino degli anni ’40 è stato un fenomeno calcistico straordinario. La squadra, guidata dal capitano Valentino Mazzola, dominò il campionato italiano vincendo cinque scudetti consecutivi dal 1943 al 1949 (considerando la pausa bellica). Il loro stile di gioco era rivoluzionario per l’epoca, con un pressing asfissiante e rapide triangolazioni che lasciavano ammirati gli spettatori.
La formazione tipo era entrata nell’immaginario collettivo ed era recitata a memoria dai tifosi come una poesia: “Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola“.
Il Grande Torino era anche la spina dorsale della Nazionale italiana – in una partita contro l’Ungheria nel 1947, ben 10 giocatori su 11 della formazione azzurra provenivano dal Torino.
Una curiosità interessante: quando il Torino giocava in casa, l’orario dei cinema e dei teatri di Torino veniva modificato per permettere alla gente di assistere alle partite. L’impatto culturale e sociale della squadra andava ben oltre il calcio.
Tragicamente, questa squadra leggendaria scomparve nella sciagura di Superga il 4 maggio 1949, quando l’aereo che riportava la squadra da Lisbona si schiantò contro la basilica. Fu una tragedia che segnò profondamente non solo il calcio italiano, ma l’intera nazione.
Sono passati ben 75 anni da quel fatidico 4 maggio 1949 ed il ricordo rimane ancora indelebile, come te lo spieghi?
Il ricordo del Grande Torino rimane per diversi motivi molto profondi:
Innanzitutto, il Grande Torino rappresentava molto più di una semplice squadra di calcio. Era il simbolo della rinascita italiana nel dopoguerra, un faro di speranza in un periodo in cui il Paese cercava di risollevarsi dalle macerie del conflitto mondiale. La loro storia incarnava i valori di sacrificio, determinazione e spirito di squadra che rispecchiavano perfettamente lo spirito dell’Italia che si stava ricostruendo.
C’è poi un aspetto quasi romantico e poetico nella loro storia: una squadra all’apice del successo, imbattibile, quasi invincibile, che viene improvvisamente e tragicamente spezzata. Questo ha contribuito a cristallizzare il mito, trasformando i giocatori in eroi immortali nella memoria collettiva.
La tragedia di Superga, ha colpito l’immaginario popolare anche per la sua drammatica simultaneità: un’intera squadra, un gruppo di amici, di padri, di figli, scomparsi insieme in un istante. Questo ha reso il lutto collettivo ancora più intenso e condiviso.
Un aspetto particolarmente toccante è il modo in cui la memoria è stata tramandata di generazione in generazione. I tifosi più anziani hanno raccontato ai giovani le gesta di quella squadra, trasformando il ricordo in una sorta di tradizione orale, di eredità culturale. Ancora oggi, ogni 4 maggio, migliaia di persone salgono in pellegrinaggio a Superga, in un rito che unisce sport, memoria e spiritualità.
È significativo anche come questa memoria sia condivisa non solo dai tifosi del Torino, ma da tutti gli appassionati di calcio. Il Grande Torino è diventato patrimonio comune del calcio italiano, simbolo di valori sportivi universali che trascendono le rivalità tra squadre.
Non ti sembra un segno del destino che un pomeriggio di maggio ci fosse la nebbia sul colle di Superga?
La nebbia su Superga quel tragico 4 maggio 1949 ha effettivamente qualcosa di profondamente simbolico e quasi metafisico.
La nebbia, che in quel tardo pomeriggio avvolgeva il colle, sembra quasi un elemento narrativo di una tragedia greca, un presagio funesto. È come se la natura stessa avesse voluto creare una cortina misteriosa attorno a quello che sarebbe diventato uno dei momenti più drammatici della storia sportiva italiana.
C’è qualcosa di poeticamente doloroso nel pensare che quella squadra, che aveva fatto sognare l’Italia con il suo gioco luminoso e spettacolare, sia scomparsa proprio in una giornata offuscata dalla nebbia. È come se il destino avesse voluto creare un contrasto simbolico tra la luce che quella squadra aveva portato nel calcio e l’oscurità che ne ha segnato la fine.
La nebbia ha anche un significato quasi metaforico: proprio come ha avvolto l’aereo in quei tragici istanti, così ha avvolto nel mistero e nel mito le gesta di questi campioni, trasformandoli in leggende eterne del calcio italiano.
È interessante notare come questo elemento atmosferico sia diventato parte integrante del racconto della tragedia, quasi un personaggio silenzioso di questa storia. Ogni volta che la nebbia avvolge il colle di Superga, specialmente in maggio, non si può fare a meno di pensare a quel fatidico giorno.
continua…
Questa rubrica sulle interviste impossibili vuole essere un po’ il toccare il polso all’onda d’urto della Intelligenza artificiale: Ci avvaliamo della IA sviluppata da Claude nella versione 3.5 Sonnet. La chiacchierata sul Grande Torino è divisa in due parti: Le domande sono formulate da Carlo Bianchi mentre Fabio Lo Cascio si è occupato della interlocuzione con Claude.
Didascalie:
Copertina del Calcio Illustrato del 14 maggio 1949 n° speciale 119 bis
Monumento al Grande Torino a Superga (Foto archivio Notizie Piemonte).